A poco più di 10 anni dalla sua fondazione l’associazione TRA si scioglie e lo fa con una mostra densa di positività e di creatività, che costituisce una dialogo generazionale e un incrocio tra linguaggi e tendenze. Secondo il suo stile, TRA porta alla città un’occasione di lettura del mondo artistico contemporaneo, chiamando attorno a sé artisti che sono stati presenti nelle sue attività, soprattutto nella sede di Ca’ dei Ricchi e a Casa Robegan, con la mostra diffusa che ebbe in “Re.Use” (2018-19) la collaborazione del Comune e del Musei Civici di Treviso per un evento di qualità internazionale che tutti ricordano.
Il tema dell’ultima esposizione non poteva che essere un “Happy Ending”, un saluto al pubblico trevigiano, un finale ironico e positivo che non solo illumina lo spirito di TRA, ma che vuole ricordare che l’arte contemporanea deve sempre tendere a recuperare il senso critico attraverso l’originalità e l’intelligenza estetica. Un’opera di Giuseppe Chiari dichiara “Art is easy”, in pieno spirito Fluxus il musicista e artista fiorentino, lanciò uno slogan che fa parte del bagaglio delle avanguardie del ‘900. E se qualcuno pensa che il mondo attuale non suggerisca alcun pensiero positivo, deve pensare che l’arte vive il presente avendo già in sé l’idea del futuro e del superamento dell’attualità. In fondo per praticare l’arte bisogna essere abitati dal germe dell’utopia, dello scavalcare la realtà attraverso l’immaginazione.
Così è stato per TRA per lunghi e intensi anni di lavoro, non solo costruendo esposizioni d’arte, ma con un’attività quotidiana di rara intensità e impegno per un’associazione culturale. 500 soci all’anno e un pool di aziende che hanno partecipato al progetto, sono dati importanti, anche e soprattutto per una città come Treviso. Del resto una delle linee guida dell’associazione è sempre stata quella di disseminare l’amore per la cultura contemporanea presso un pubblico che ancora non ne aveva fatto esperienza. Questo è stato fatto e “Happy Ending” si colloca in questa filosofia di superamento delle difficoltà a capire e comunicare la cultura visiva attuale.
Per questo il “lieto fine” non ha nulla di dolciastro e retorico come accade di vedere in certa cinematografia soprattutto americana. E’ una conclusione parziale, forse un altro inizio. Non a caso la mostra ha luogo in una galleria storica ed è anche un ricordo e un omaggio ad uno dei più grandi galleristi italiani: Cesare Misserotti. Cesare e Perla sono sempre stati in sintonia con l’attività di TRA, in uno scambio di esperienze costantemente positivo. La presenza di un’opera di Andy Warhol è la memoria storica di quando Cesare aprì la sua galleria a Mestre (1964) e Venezia nel 1966 collaborando con la mitica galleria newyorkese di Yleana Sonnabend, che portava nel mondo la Pop art. Credere nell’utopia e nel futuro, vuol dire anche conservare viva la memoria delle persone e dei ricordi che ci hanno consentito di arrivare fino a qui.